Design partecipativo e architettura dell’informazione Stefano Bussolon Abstract Nel mio seminario presenterò brevemente una metodologia ed una serie di strumenti finalizzati a coinvolgere gli utenti (design partecipativo) nella definizione dell’architettura dell’informazione di un sito web. Presenterò poi dei lavori in cui la metodologia è stata adottata per definire la struttura informativa di alcuni siti web. In questo documento descrivo invece un lavoro in cui la metodologia è stata utilizzata per indagare il dominio semantico delle emozioni. 1 Introduzione Vi è mai capitato di dare una mano in cucina in casa di amici? Cercate un coltello da cucina ed aprite il cassetto delle posate, per trovare una pentola aprite l’armadietto dei corn flakes. chiedete ai padroni di casa e questi rispondono con una certa sufficienza, come se fosse ovvio che le posate sono nel primo cassetto ed il minestro nel secondo. Loro sono talmente abituati ad usare quella cucina che quella disposizione delle cose e degli spazi sembra loro l’unica possibile, e del tutto ovvia. Chi progetta un sito web di medie - grandi dimensioni ne frequenta il dominio informativo talmente a lungo da diventare un esperto di dominio. Si trova a lavorare con i committenti, che sono esperti di dominio per definizione. Il committente, generalmente, ha una visione del dominio semantico molto condizionata dalla struttura organizzativa dell’azienda o dell’istituzione che raprresenta. Gli stakeholders interni all’organizzazione tendono comprensibilmente ad avere una visione dei propri servizi o dei propri prodotti più legata al processo produttivo che alle modalità di fruizione degli utenti - clienti. Con questi presupposti il sito internet rispecchierà probabilmente il modello mentale implicito del committente. Naturalmente non è necessariamente detto che il modello mentale degli utenti sia radicalmente differente da quello del committente. Però non è nemmeno escluso. A titolo di esempio cito il lavoro fatto – assieme a Dario Betti e Luca Rosati – per il sito dell’assessorato alle politiche sociali della provincia autonoma di Trento. Alcune delle competenze dell’assessorato sono “al confine” con le competenze dell’azienda sanitaria. Per il funzionario dell’assessorato è chiaro quali siano loro le competenze e quali quelle dell’azienda sanitaria. Per l’utente, però, questa distinzione non ha molto senso. L’utente vuole un servizio, e non è tenuto a sapere qual’è l’ente erogatore. L’utente dunque potrebbe consultare il sito internet cercando informazioni che, dal punto di vista strettamente organizzativo, non sono di competenza di quell’ente. Naturalmente l’ente non può e non deve sostituirsi all’ente competente, né nell’erogazione del servizio ma nemmeno nel fornire le informazioni. Deve però prevedere la possibilità di indirizzare l’utente verso le informazioni desiderate, possibilmente spiegando le competenze dell’uno e dell’altro ente. Questo è solo un esempio di una possibile differenza fra il modello implicito del fornitore di servizi (o di beni, comunque di informazioni attraverso il sito) ed il fruitore. Le figure generalmente più attente a queste problematiche sono generalmente i responsabili dell’U.R.P., gli uffici per le relazioni con il pubblico. Questo perché si ritrovano a dover rispondere, quotidianamente, a questioni che per loro sono ovvie ma che per gli utenti non lo sono. Scusi, dov’è lo scolapaste? Il design partecipativo nell’architettura informativa si preoccupa di affrontare proprio questo genere di questioni, ed è finalizzato a creare un’architettura informativa che sia più vicina alle aspettative degli utenti che al modello dei committenti. Più in particolare, gli aspetti che questo approccio intende affrontare sono i seguenti: • identificazione dell’estensione e dei confini del dominio, secondo le aspettative degli utenti. • identificazione del lessico degli utenti. • valutazione dell’importanza attribuita dagli utenti agli argomenti del sito. • elicitazione dei modelli mentali degli utenti in merito alla struttura categoriale delle informazioni. 2 Il processo In questa sezione descriverò brevemente le tradizionali fasi progettuali dello sviluppo di un sistema informativo, mi focalizzerò sui processi di sviluppo centrati sull’utente, un approccio fondato sul coinvolgimento dei committenti, degli editori e degli utenti nella definizione dell’architettura informativa, in modo che risulti facilmente fruibile da parte degli utenti, pur soddisfacendo le necessità dei committenti e degli editori. 2.1 Fasi progettuali Una buona progettazione permette di creare siti più utili ed usabili; se la progettazione è orientata non solo al presente ma anche agli sviluppi futuri sarà meno soggetta ad obsolescenza e più facile da aggiornare (Fuccella and Pizzolato, 1998). Caprio and Ghiglione identificano quattro fasi di progettazione: 1. discovery: identificazione degli obiettivi del sito, definizione dei requisiti, evidenziazione di eventuali vincoli progettuali; 2. analisi: prevalentemente l’inventario dei contenuti e l’analisi dei profili utente; 3. architettura: labeling, categorizzazione dei contenuti, navigazione, definizione del database; 4. sviluppo: il sito viene sviluppato e testato. In queste pagine analizzeremo brevemente le fasi di discovery e analisi e più in dettaglio la fase dell’architettura, focalizzandoci sul processo di sviluppo e sui metodi centrati sugli utenti. Il processo che presentiamo costituisce un percorso ideale, che integra differenti proposte (Fuccella and Pizzolato, 1998; Caprio and Ghiglione, 2003; Sinha and Boutelle, 2004; McGovern, 2002; McQuaid et al., 2003). 2.1.1 Identificazione degli obiettivi Un sito internet deve produrre valore per chi lo commissiona, in modo che vi sia un ritorno degli investimenti. È necessario capire quali sono gli obiettivi del committente. Questo passaggio rientra nella fase di stakeholder analysis (Sinha and Boutelle, 2004). Caprio and Ghiglione suggeriscono di adottare il metodo dell’intervista semistrutturata, da sottoporre a tutti gli stakeholder. Attraverso l’intervista è possibile far emergere gli obiettivi, le motivazioni, le aspettative in merito al sito web; il target di utenza a cui pensano il sito debba rivolgersi; i criteri di successo del sito. 2.1.2 Analisi degli utenti Uno degli svantaggi di una progettazione non partecipativa è che tende ad assumere di conoscere gli utenti e le loro caratteristiche. Questa assunzione si rivela però spesso errata (Nielsen, 1996). Conoscere il profilo degli utenti è utile nella costruzione di un sistema informativo che intenda soddisfare le loro esigenze. Nell’identificazione di tale profilo è importante trovare un metodo di campionamento dei partecipanti che ne selezioni un gruppo rappresentativo. Secondo Fuccella and Pizzolato i partecipanti possono essere reclutati in maniera attiva, quando il designer va alla ricerca degli utenti (attraverso una campagna pubblicitaria, utilizzando una mailing list, scrivendo su di un gruppo di discussione) ed in maniera passiva, che consiste nell’utilizzare il sito internet esistente nella raccolta di partecipanti: all’interno del sito viene presentato un invito a partecipare al questionario. Questo è, a nostro avviso, il metodo migliore, in quanto ci assicura il miglior campionamento: i partecipanti che rispondono sono i reali utilizzatori del sito. Lo svantaggio di questo metodo è che esclude dall’analisi potenziali nuovi utenti; vi è inoltre il rischio che alcune categorie di utenti siano più motivati di altri a rispondere, portando a dei bias di campionamento. Risulterebbe dunque molto utile poter disporre di differenti modalità di reclutamento, e poter distinguere i partecipanti in base alla modalità, al fine di valutare se i risultati che si ottengono sono significativamente diversi. In ogni caso le possibili difficoltà non debbono indurre i progettisti a rinunciare. Poiché la finalità è applicativa (e non scientifica) un campionamento sbilanciato è pur sempre meglio di nulla. Questionari Fuccella and Pizzolato suggeriscono la somministrazione di brevi questionari finalizzati a delineare alcuni profili di base degli utenti: profilo anagrafico: sesso, età; profilo professionale: titolo di studio, professione; profilo di utilizzo del web: come, quando, perché usa internet; se l’utente è stato contattato attraverso il sito esistente, possono venir chieste anche delle informazioni sull’uso del sito, su pregi e difetti identificati o desiderata. Queste informazioni, comunque, possono essere raccolte anche in fase di somministrazione di questionari più specifici, come il free listing ed il card sorting. Netsorting, l’applicazione da noi sviluppata, prevede, all’inizio del test, di chiedere proprio le informazioni sopra elencate. I questionari possono fornire delle utili informazioni sugli utenti e sulle loro richieste. Va però tenuto conto che non sempre gli utenti sono in grado di dire cosa vogliono o cosa sia meglio per loro. È pertanto necessario verificare non solo le opinioni ma l’uso reale, ad esempio attraverso l’analisi contestuale. Interviste Con alcuni degli utenti è possibile realizzare delle interviste, finalizzate a comprendere i loro comportamenti, bisogni e aspettative (Caprio and Ghiglione, 2003). Dalle interviste e dai questionari è possibile delineare dei profili utente. Alcuni autori suggeriscono di utilizzare i profili più rappresentativi per creare delle personas, dei personaggi fittizi e verosimili su cui focalizzarsi nel design del sito web (Sinha, 2003b). Sull’argomento rimandiamo al seminario di http://websenzabarriere.uniroma2.it/? p=46Stefano Dominici. Il vantaggio delle interviste è che permettono di approfondire la conoscenza di alcuni profili di utenti. Lo svantaggio principale è che è costosa, e dunque può essere somministrata ad un numero limitato di persone. 2.1.3 Indagine contestuale L’indagine contestuale consiste nell’osservare l’utente durante la sua attività e nel luogo in cui si svolge(Caprio and Ghiglione, 2003; McQuaid et al., 2003). L’indagine contestuale permette di cogliere le esigenze ed i comportamenti degli utenti. Un approccio di questo genere permette di rendere esplicite conoscenze o esigenze tacite, di cui l’utente non è consapevole ma che di fatto ne condizionano l’interazione con il sistema informativo. 2.1.4 Analisi: Identificazione del dominio semantico Questa fase è finalizzata a definire i contenuti del sito web, identificando le priorità, i contenuti correnti e futuri e i requisiti del sito. Lo scopo è di identificare l’elenco di risorse informative da includere nel sito web. Analisi dei contenuti del sito esistente Se ci si sta occupando del redesign di un sito esistente, il primo passo consiste nell’analisi dei contenuti del vecchio sito (Caprio and Ghiglione, 2003) e le statistiche legate all’uso del sito (Gamberini and Valentini, 2001): (numero di contatti, referrer, le parole chiave, eventuali commenti e voti alle pagine). Analisi competitiva Per identificare il dominio semantico è utile elencare le risorse informative presenti su siti internet concorrenti. Questo metodo è particolarmente utile se si sta costruendo un sito ex novo, ma può dare indicazioni utili anche nel caso di redesign di un sito esistente (Cordioli, 2006). L’analisi competitiva può essere finalizzata non solo a definire il dominio semantico, ma anche ad identificare eventuali pratiche virtuose, standard e consuetudini nel segmento di mercato considerato. In questa fase di processo l’analisi è finalizzata ad ottenere una lista delle risorse presenti sul sito concorrente, in maniera simile alla lista delle risorse esistenti. Focus group Il focus group può risultare estremamente utile nelle circostanze in cui vi sia difficoltà ad utilizzare i metodi elencati precedentemente. Generalmente ciò avviene quando il dominio coperto dal sito internet non è comune. Nel capitolo dedicato alle applicazioni dei nostri metodi descriveremo brevemente la progettazione del portale delle politiche sociali della provincia di Trento; in quel progetto abbiamo integrato le informazioni raccolte dal free listing con quelle di un focus group. 3 Elicitazione dei contenuti: Free listing 3.1 A cosa serve Nel definire un dominio semantico ci si pone due domande principali. La prima domanda è: “quali sono i contenuti del dominio? ” La seconda domanda è: “come sono strutturati i contenuti? ”. Il free listing è una tecnica che può aiutarci a determinare l’ampiezza del dominio e fornire alcune intuizioni su come il dominio è strutturato. – Sinha La tecnica del free listing può essere utilizzata per coinvolgere gli utenti nella definizione dei contenuti (Coxon, 1999). Più in particolare può essere usata per due funzioni: elencare i contenuti, l’ambito e i confini del dominio semantico; identificare il lessico degli utenti. 3.2 Come condurre il free listing Somministrare un questionario di free listing è semplice: è sufficiente chiedere ai partecipanti di produrre una lista di voci partendo da un dominio o una categoria specifica. Alcuni esempi: • Ti preghiamo di elencare fino a dieci animali nella categoria dei mammiferi (o dei pesci, rettili, uccelli). • Cosa ti aspetti di trovare nel portale dell’Università di Trento? Quali informazioni? Elenca, per favore, i contenuti che vorresti trovare nel portale dell’università. • In quale località turistica ti piacerebbe andare in vacanza? • Scrivi le prime 10 parole che ti vengono in mente quando pensi al caffè. 3.3 Analizzare i risultati Se si hanno un numero adeguato di partecipanti attraverso questo metodo si può ottenere una lista degli elementi di un dominio semantico; la lista rappresenta (o almeno dovrebbe rappresentare) le aspettative degli utenti e i termini (le etichette) che usano per definire le risorse. Questi risultati dovrebbero dunque costituire la base non solo per la definizione del dominio informativo, ma anche del sistema di labeling. Per ottenere risultati attendibili è però necessario prestare molta attenzione al modo in cui la domanda è formulata, altrimenti è possibile che si ottengano numerosi risultati poco interessanti. In secondo luogo è possibile che gli utenti siano condizionati da ciò che sono abituati a trovare nei siti che frequentano, e questo potrebbe limitare la variabilità dei risultati. Se si usa, per la somministrazione del questionario, una interfaccia web, si ottiene una lista molto lunga di voci. Sarà pertanto necessario analizzare tale lista, al fine di eliminare le ridondanze e le risposte non pertinenti (Conci, 2006; Bussolon and Conci, 2006). 3.3.1 Classificazione dei risultati Se le risposte ottenute sono prevalentemente delle voci singole è possibile fare delle analisi statistiche sui risultati. Se, come spesso accade nella versione on line del questionario, gli utenti rispondono con delle frasi, tutto diventa più complicato. Le possibili analisi includono il calcolo della frequenza delle voci e l’ordine in cui sono elencate; da queste statistiche è possibile ottenere un’idea preliminare dell’importanza attribuita agli elementi da parte dei partecipanti. È comunque nostra opinione che sia utile affiancare a questa classifica un questionario per la valutazione esplicita dell’importanza attribuita dagli utenti, in quanto elementi di difficile recupero in fase di free listing possono essere comunque giudicati importanti dagli utenti. 3.3.2 Integrazione delle voci La lista ottenuta dal free listing va integrata con quella ottenuta dall’analisi dei contenuti del vecchio sito (se esistente), dall’analisi competitiva e dall’elenco di risorse previste dagli stakeholder. La lista finale può costituire la base per il card sorting. Se la lista supera le 60 - 80 voci è preferibile usare soltanto le 60 - 70 voci che utenti e committenti considerano più importanti. Probabilmente alcune delle voci così ottenute non saranno immediatamente incluse nel sitema informativo. Ciò nonostante è comunque opportuno includere nel card sorting gli elementi che vengono comunque reputati importanti dagli utenti o che potrebbero in futuro arricchire il sistema (Sinha and Boutelle, 2004). 4 Valutazione dell’importanza delle risorse Dopo aver utilizzato alcuni o tutti i metodi elencati sarà necessario elencare le voci così ottenute in un’unica lista, badando naturalmente ad eliminare le ripetizioni e le ridondanze. È importante includere in questa lista finale tutte le voci, e non solo quelle corrispondenti a risorse già implementate nel sito web; attraverso la valutazione di importanza sarà possibile identificare le aree informative sulle quali varrà la pena di focalizzarsi. La valutazione dell’importanza delle risorse consiste in un questionario in cui vengono elencate le risorse identificate nella fase precedente e viene chiesto ai partecipanti di esprimere, attraverso una scala Likert, quanto ritengano importante ognuna delle voci elencate (Rugg and McGeorge, 1997). Gli scopi di questo questionario sono molteplici: • Permettere agli editori del sito di identificare gli argomenti sui quali è importante concentrare l’attenzione nella fase di sviluppo e aggiornamento dei contenuti. • Decidere a quali risorse dare maggiore risalto nel sito internet, magari attraverso dei link nella home page. • Individuare differenze fra gruppi di utenti: se nella definizione dell’utenza sono emersi gruppi differenti, è possibile che i diversi gruppi attribuiscano un’importanza diversa a risorse differenti; attraverso il questionario è possibile far emergere queste differenze, delle quali è necessario tener conto nella progettazione della navigazione. Se categorie di utenti diverse forniscono valutazioni significativamente differenti può essere utile immaginare degli entry point specifici per ogni categoria • Nel card sorting agli utenti si chiede di classificare una lista di elementi; la prestazione ottimale dei partecipanti si ha quando la lista non supera i 60 - 70 elementi. Se l’elenco di cui disponiamo è più lungo può essere opportuno sottoporre a card sorting solo le 60 voci considerate più importanti dagli utenti. Successivamente, se lo si ritiene opportuno, è possibile somministrare un secondo card sorting con le voci escluse. 5 Categorizzazione dei contenuti: card sorting 5.1 Definizione Il card sorting, come strumento per classificare oggetti in categorie, è usato da decenni. È stato utilizzato in numerosi ambiti delle scienze sociali (Ameel et al., 2005), sebbene con nomi diversi: classificazione soggettiva, categorizzazione soggettiva, folk taxonomy, free classification, free sorting, pile sorting, free grouping (Coxon, 1999). In ambito psicoterapeutico alcune tecniche di sorting sono utilizzate nell’approccio costruttivista di Kelly (Upchurch et al., 2001). Il card sorting è la tecnica di elicitazione della conoscenza più usata e citata nell’area dell’interazione uomo computer per far emergere i modelli mentali degli utenti relative alla categorizzazione dei contenuti di un sito web (Nielsen and Sano, 1994; Rugg and McGeorge, 1997; Maurer and Warfel, 2004; Nielsen, 2004; Fincher and Tenenberg, 2005). Nell’ambito dell’architettura dell’informazione il card sorting costituisce un metodo di design centrato sull’utente, finalizzato ad ottimizzare la reperibilità (findability) di un sistema. In termini matematici il card sorting viene rappresentato come una partizione di M elementi in C insiemi disgiunti; questa definizione corrisponde a quella che Stevens definisce scala nominale (Coxon, 1999). 5.2 A cosa serve Il card sorting costituisce un metodo efficace per individuare i modelli mentali impliciti degli utenti, rendendo esplicite le loro aspettative di categorizzazione dei contenuti. Conoscere i modelli mentali e le categorizzazioni implicite ci permette di organizzare le informazioni in modo che siano più facili da trovare e da utilizzare, migliorando la qualità del prodotto. Attraverso il card sorting è possibile identificare il criterio di classificazione usato dagli utenti ed identificare il contenuto e l’etichetta delle categorie da essi utilizzati. È possibile far emergere eventuali differenze nella categorizzazione fra diversi gruppi di partecipanti. 5.3 Quando usare il card sorting Nell’ambito delle scienze sociali, antropologiche o cognitive, Coxon identifica innumerevoli contesti in cui il card sorting viene utilizzato: classificazione delle diagnosi mediche, analisi dei contenuti, analisi semantiche, reti sociali, psicologia sociale e delle organizzazioni, antropologia culturale, archeologia. Nel web design Maurer and Warfel consigliano l’uso del card sorting nel design di un sito nuovo, nel design di una nuova area di un sito, nel redesign di un sito esistente. Secondo Rugg and McGeorge l’utilizzo di questa tecnica è appropriato quando ci si propone di far emergere le categorie usate dagli utenti. Attraverso il card sorting possiamo far emergere: • i criteri che i partecipanti adottano per categorizzare e cercare le informazioni; • la struttura informativa che implicitamente si aspettano di trovare; • le eventuali differenze fra diversi gruppi di utenti; • le etichette delle categorie, espresse nel vocabolario degli utenti. Il card sorting funziona se è preceduto dai passaggi necessari per identificare la lista di elementi da categorizzare, descritti nelle sezioni precedenti. Inoltre le circostanze ideali per ottenere dei buoni riusltati sono: • un elenco non superiore a 60 - 70 elementi; • dei contenuti omogenei fra loro; • un campione di partecipanti che conoscano e comprendano i contenuti. 5.3.1 Vantaggi Il metodo offre numerosi vantaggi (Maurer and Warfel, 2004): è una tecnica facile da realizzare e facile da far comprendere ai partecipanti; gli utenti la considerano un metodo di classificazione naturale; può essere utilizzata con individui di ogni estrazione culturale; i compiti di picture sorting 1 possono essere usati in età evolutiva e con individui illetterati. È centrato sugli utenti: Nella progettazione di un sito web se i partecipanti sono rappresentativi degli utenti del sito i risultati dell’analisi tenderanno a riflettere la struttura in cui gli utenti si aspettano che le informazioni siano presentate. È un buon punto di partenza per organizzare la struttura del sistema informativo. 5.3.2 Svantaggi Maurer and Warfel osservano che il metodo si focalizza sui contenuti, non sui processi: i partecipanti non compiono realmente il compito, ma si limitano a raggruppare le etichette; a volte non conoscono le etichette, o non intuiscono il contenuto della risorsa descritta dall’etichetta. L’analisi statistica del card sorting somministrato manualmente impiega molto tempo (Faiks and Hyland, 2000). 5.4 Card sorting aperto e chiuso Il card sorting può essere somministrato in due modalità: card sorting aperto e card sorting chiuso. Nel card sorting chiuso all’utente viene chiesto di categorizzare gli item in categorie stabilite dallo sperimentatore. Il card sorting aperto è meno strutturato in quanto è l’utente che decide il nome delle categorie; questa variante permette di far emergere i criteri di categorizzazione impliciti degli utenti. Anche i criteri di classificazione e le etichette delle categorie sono dunque decise dagli utenti; d’altro canto la maggiore libertà concessa all’utente aumenta la variabilità dei risultati. Il card sorting chiuso è più strutturato: è lo sperimentatore che decide le etichette delle categorie nelle quali gli utenti andranno a categorizzare gli item. Il card sorting chiuso è più facile del card sorting aperto (Bussolon et al., 2005). Nei progetti che abbiamo seguito si è utilizzato quasi esclusivamente il card sorting aperto. Se il numero di elementi da classificare non è eccessivo, se non vi sono molti elementi di difficile classificazione e se abbiamo un numero sufficiente di partecipanti (almeno 60 - 70) i risultati sono generalmente piuttosto stabili. Nelle situazioni in qualche modo più problematiche si può decidere di fare un card sorting chiuso come secondo passaggio, dopo aver identificato il criterio di classificazione e le etichette con il card sorting aperto. Come abbiamo accennato, non è opportuno chiedere ai partecipanti (quantomeno nella somministrazione on line) di classificare più di 60 - 70 elementi. Se il sito è di maggiori dimensioni, potrebbe essere utile applicare il card sorting aperto ai primi 60 elementi, e successivamente un card sorting chiuso (con degli esempi già classificati) per gli elementi rimanenti. 5.5 La versione carta e penna Il processo di card sorting prevede che i partecipanti raggruppino una serie di cartoncini, ognuno provvisto di una etichetta, in insiemi che ritengono coerenti. Nel card sorting aperto si chiede agli utenti di proporre un nome ai gruppi creati. 5.5.1 Preparazione • Creare la lista degli item. Per un sito web, la lista dei contenuti principali; • valutare che le etichette adottate siano comprensibili, attraverso un’analisi preliminare del labelling; • creare un cartoncino per ogni etichetta; numerare il dorso dei cartoncini; • creare dei contenitori, ad esempio delle scatole dove il partecipante possa raggruppare i cartoncini; il numero dei contenitori dev’essere pari al numero massimo di categorie che vogliamo che siano create; • in caso di card sorting chiuso etichettare i contenitori. Nel caso di picture sorting i cartoncini contengono il disegno o la fotografia degli oggetti; nel caso di object sorting sono gli oggetti stessi ad essere raggruppati dall’utente. 5.5.2 Somministrazione • Informare il partecipante dello scopo del test e delle modalità di somministrazione; • evitare di fornire informazioni che possano influenzare le sue scelte; • informarlo che alcune spiegazioni verranno fornite alla fine del test; • mescolare i cartoncini e presentarli al partecipante; • chiedere al partecipante di raggruppare gli elementi in insieme coerenti; • in alcuni minuti l’utente dovrà posizionare i cartoncini nelle scatole; • segnare (su foglio cartaceo, foglio elettronico, database ...) i raggruppamenti fatti dal partecipante; • segnare gli eventuali missing: cartoncini che l’utente non ha saputo catalogare; • nel card sorting aperto chiedere all’utente di fornire un’etichetta per ogni gruppo creato. 5.5.3 Debriefing Fornire al partecipante le informazioni che non era opportuno dare prima dell’esperimento. Eventualmente offrire la possibilità di informarlo sui risultati del test una volta che si sia conclusa la raccolta dei dati e l’analisi. 5.6 Analisi 5.6.1 La matrice di prossimità La matrice di prossimità è una matrice quadrata, simmetrica, dove ogni casella i,j rappresenta il numero di volte che l’elemento i e l’elemento j sono stati classificati nello stesso gruppo. Se tutti i partecipanti hanno classificato tutti gli elementi, i valori sulla diagonale saranno pari al numero M di partecipanti. Se, viceversa, vi sono delle omissioni, la casella i,i rappresenta il numero di volte in cui l’elemento è stato classificato. 5.6.2 Analisi multidimensionali Da un punto di vista matematico è possibile trattare la matrice come un insieme di N osservazioni su N variabili, assumendo che gli elementi classificati costituiscano contemporaneamente le variabili misurate (le N colonne) e le osservazioni fatte (le N righe). In questa prospettiva alla matrice di prossimità possono essere applicate tecniche di analisi multidimensionali quali l’analisi delle componenti principali e l’analisi fattoriale, finalizzate ad esempio a ridurre lo spazio dimensionale, a far emergere delle variabili latenti (Bollen, 2002; Borsboom et al., 2003) o a visualizzare graficamente la distanza fra gli elementi citepRaychaudhuri2000. Scaling multidimensionale Lo scaling multidimensionale è un insieme di tecniche statistiche esplorative multivariate (Wikipedia, 2007b). Tecniche di scaling multidimensionale come il Classical Multidimensional Scaling sono tipicamente applicate a matrici di similarità ottenute con tecniche di sorting (Katrijn Van Deun, 2007). Lo scaling multidimensionale trasforma un insieme di dissimilarità in un insieme di punti tali che le distanze fra i punti sono approssimazioni delle dissimilarità (R Development Core Team, 2006). L’analisi fattoriale è un particolare tipo di scaling multidimensionale, così come l’analisi delle componenti principali, in quanto in entrambi i metodi a partire da n dimensioni si estraggono r